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CARRELLO
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PREMIO INTERNAZIONALE ANTONIO MORMONE
seconda edizione: violino | Milano 2025

Il direttore artistico della seconda edizione

Il violinista Edoardo Zosi si è esibito con importanti orchestre quali Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra del Teatro San Carlo, Orchestre National de Montpellier, Stuttgarter Philharmoniker, Nürberger Symphoniker, Berliner Symphoniker, RTE Symphony Orchestra di Dublino, Dortmunder Philarmoniker, Orchestra della Svizzera Italiana, Luzern Sinfonieorchester, Sinfonie Orchester Wuppertal, SWD Philharmonie Konstanz, NWD Philarmonie, Sinfonieorchester Münster, Württembergische Philarmonie Reutlingen, Philarmonie Sudwestfalen, Orchestra Haydn di Bolzano, Orchestra Sinfonica Siciliana, Prague Chamber Orchestra, Orchestra Filarmonica Italiana, Orchestra Filarmonica di Torino, Sinfonica di Sanremo, North Czech Philarmonic Teplice.

Ha inciso le Sonate di Strauss op.18 e Brahms op.108 con Bruno Canino, il Concerto di Bruch con l’Orchestra Filarmonica di Torino, il Concerto Gregoriano di Respighi con i Nürnberger Symphoniker per la Bayerischer Rundfunk e per Warner Classics il CD “The Stradivari Session” registrato con lo Stradivari “Il Cremonese” 1715 del  Museo del Violino di Cremona, con cui mantiene un’importante collaborazione artistica e di ricerca.

Nel 2015 ha fondato il Quartetto Adorno che nel 2017 vince tre premi al Concorso Internazionale per Quartetto “XI Premio P.Borciani”. Nel 2019 viene pubblicato il primo CD del Quartetto Adorno per Decca Italia con il Quartetto No. 3 Op. 19 di A. von Zemlinsky e il Quintetto con Clarinetto di Brahms Op. 115 insieme ad Alessandro Carbonare. Esce nel 2021 il CD Decca Italia con il quintetto per chitarra e archi di M. Castelnuovo Tedesco insieme a Giampaolo Bandini e nel 2022 l’incisione del quartetto di C. Franck edito da Fuga Libera.

Suona il suo Ansaldo Poggi del 1929.

Un vecchio proverbio inglese recita: “Un cammello è un cavallo disegnato da una commissione”.
Il rischio di un concorso per musicisti è proprio quello di premiare delle capacità che, seppur indubbie, possono essere abbastanza diverse da quelle che alla lunga distinguono il musicista di successo.
Il Premio Internazionale Antonio Mormone fin dalla sua prima edizione si è distinto per un approccio diverso ed innovativo. In primo luogo riuscendo ad evitare la logica della prova ad eliminazione secca, la cui prerogativa finisce spesso per premiare maggiormente una performance dai “nervi saldi” piuttosto che mettere in luce le profonde qualità ed il messaggio artistico di ciascun musicista.
Altra peculiarità del premio fin dalla sua nascita è stata quella di evitare il “solito programma da concorso” ma lasciare un ampio margine di libertà ai concorrenti nella convinzione che un grande musicista si esprime non solo suonando ma anche attraverso la scelta dei propri programmi da concerto.
Partendo da queste basi innovative, ho cercato di dare il mio contributo.
La mia prima idea è stata quella relativa ad una prova di musica da camera: spesso integrata nei concorsi pianistici, non compare mai nei concorsi per violino, partendo dal principio che questo tipo di valutazione sia già presupposta nel recital con pianoforte. Nella mia esperienza, le vere qualità del violinista con una sensibilità adatta al repertorio da camera, ma che contraddistinguono anche il solista di spessore musicale, emergono più chiaramente in un ensemble di soli archi: armonizzarsi nel suono del gruppo ed allo stesso tempo portare il proprio suono nel gruppo, abbracciare le idee musicali altrui e allo stesso tempo essere musicalmente propositivi ed infine, soprattutto, riuscire con grande personalità a seguire la musica e non il proprio ego. L’incontro titanico con strumenti così più imponenti di un violino, come un pianoforte o un’orchestra, possono essere risolti brillantemente attraverso un approccio musicale “superomistico”, ma è l’umanità del musicista che qui più ci importa scoprire.
Ho quindi scelto di proporre l’esecuzione di un trio per archi, in particolare l’Op.9 No.3 di Beethoven, opera giovanile ma al tempo stesso matura e premonitrice dello stile tipico del grande maestro: sono sicuro che sarà una prova di grande sensibilità e profondità.
Un altro aspetto che non si pone in un concorso per pianoforte è quello legato allo strumento con cui i candidati si presentano, nel caso dei violinisti ognuno con il proprio: un violino particolarmente prestante può fare la differenza.
Ho pensato quindi di proporre una prova in cui i candidati finalisti suoneranno tutti lo stesso strumento: un pregevole Carlo Landolfi del 1757 appartenente alla collezione storica del Conservatorio di Milano che generosamente concederà ai candidati per questa particolare prova.
Non sempre, infatti, uno straordinario talento ha le opportunità o i mezzi per poter suonare su uno strumento di alto livello. Per questa prova, i finalisti saranno veramente alla pari, e potranno anche dimostrare la capacità di adattamento, fondamentale qualità di un musicista, che un nuovo strumento richiede.
Come per la prima edizione, sarà un concorso che si articola in un periodo di tempo particolarmente lungo, attraverso molte prove/concerto, seguendo ogni candidato con attenzione e costanza. Non è passato molto da quando partecipavo io stesso ai concorsi e sento una grande responsabilità: dei giovani ragazzi si affidano al nostro giudizio e ci chiedono di determinare il loro futuro.
Ecco quindi che intraprendiamo questo percorso alla ricerca di un virtuoso, nella sua accezione più pura: non funambolo, bensì portatore di virtù.
In bocca al lupo a tutti i candidati!